Siete sicuri di sapere la differenza tra le due?

Ho deciso di dedicare questo articolo del blog ad uno dei miei tratti caratteristici più importanti e più difficili da alimentare costantemente:

La creatività

Quell’immagine fatta di parole suoni colori ( o qualunque altra forma abbia la vostra espressione). Sempre perfetta nella nostra mente quando siamo lontani dal momento creativo e restia a farsi vedere non appena siamo pronti a progettare. Quella bestia strana che vaga nella nostra testa per settimane e quando meno te lo aspetti, ma al momento giusto diventa, l’idea che stavamo cercando disperatamente. 
Quel momento che non è istantaneo, MAI, ma frutto di un susseguirsi di momenti vissuti con curiosità sognante, sempre alla perpetua ricerca di quel qualcosa che sappia far brillare gli occhi e di un modo pere rendere tutti i nostri pensieri possibili.

Ma non è solo questo, la Creatività è prima di tutto ricerca…
Non mi credete? 

Certo perché la state confondendo con la fantasia!

Provo a chiarirvi la differenza con le parole di Bruno Munari, padre della progettualità creativa:

L’artista opera con la fantasia, mentre il designer usa la creatività. La fantasia è una facoltà capace di immagini che possono essere irrealizzabili. La creatività è una capacità produttiva dove fantasia e ragione sono collegate e il risultato è sempre realizzabile.”

Bruno Munari

Provo a spiegarmi con un esempio sul mio lavoro:
la fantasia è quello che mi ha permesso di pensare a 100 cose impossibili
la creatività è ciò che mi ha permesso di creare un prodotto concreto, originale e vendibile, attraverso lo studio di un modo di piegare la carta .
(Se non sapete di cosa sto parlando andate a scoprire il vaso pieno di 100 cose impossibili)

In molti pensano usano le parole creatività e  fantasia come una il sinonimo dell’altra.
Pensano siano una dote innata, impossibile da allenare, impossibile da imparare… ma se fosse così, il mondo non sarebbe più triste?

Infatti si sbagliano! 

Io stessa alleno costantemente la mia fantasia e ogni volta che la trasformo in un progetto realizzabile e vendibile, sto allenando la mia creatività.
Il mio metodo di lavoro parte spesso da una testa tra le nuvole persa nelle fantasie e idee strampalate, dando così l’impressione di essere svampita e disordinata. Ma creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo; infatti quando riemergo dalle nuvole con un’idea che mi fa brillare gli occhi, torno ad appoggiare i piedi per terra, i polsi sulla scrivania e mi metto all’opera per trasformare tutte quelle idee in qualcosa di tangibile e riproducibile attraverso strumenti operativi al di la del semplice gesto artistico.

Una delle cose più belle che io abbia mai imparato in università è stato proprio che ci si può allenare ad avere una mente più creativa (e di conseguenza più aperta penso io), basta continuare a guardare le cose da diversi punti di vista e sempre con sguardo oggettivo e mai gudicante.

   L’ho imparato grazie ad un esame fatto con uno dei professori più geniali e introvabili del politecnico di Milano: Beppe Finessi.

L’esame nello specifico era storia del design, quell’anno in particolare si festeggiavano i 99 anni della nascita di Bruno Munari,  il padre del pensiero creativo italiano (per un approfondimento su di lui clicca qui). 

Durante il corso, abbiamo studiato i designer ed il loro processo creativo paragonandolo con il pensiero ed il lavoro di Munari. L’esame finale prevedeva di “migliorare” alcuni progetti e prodotti della storia del design italiano, considerati da sempre perfetti.

Questo ci insegnò due cose, la prima è che il pensiero creativo non si basa sull’inventare nuove cose, ma sul trovare quei valori oggettivi in linea con i tempi in grado di migliorare il metodo di concezione e produzione di un dato prodotto.

Dall’altro ci insegnò ad osservare tutto con un occhio critico ed oggettivo  stimolando così noi futuri progettisti a scoprire qualcosa di nuovo ed utile anche per gli altri. 

E se questo approccio che invita a migliorare ciò che già esiste, piuttosto che inventare continuamente nuovi bisogni fosse il segreto di un mondo più sano ed etico? Non lo so, non mi voglio impelagare in discussioni etiche di cui purtroppo so troppo poco, volevo buttare li una domanda nella speranza di trovare una risposta

Mio pensiero sconclusionato, io lo scrivo voi lasciatelo perdere

Torniamo al tema principale. 

Dunque dicevamo, la creatività è figlia di una ricerca approfondita di metodi, studi e sbagli.

La fantasia invece… beh la fantasia nuda e cruda si butta su un’idea senza documentarsi e studiare ma provando e lasciando che sia l’idea a guidare i gesti e non viceversa.  La fantasia è capace di pensare a lampioni che scalano una montagna per avvicinarsi alle stelle o riesce a vedere orologi molli che cambiano l’andamento del tempo.

Vorrei concludere portandovi ad esempio due personaggi degli anni ’70 – ’80

Qualche tempo fa nelle storie del mio profilo Instagram vi avevo coinvolto nella scelta di libro da leggere. Alla fine dell’indagine avevo scelto un titolo che mi avrebbe fatto scoprire un periodo storico e artistico per me nuovo.

Questo libro è stato uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere questa newsletter su creatività e fantasia: “Just Kids” di Patti Smith. 

Ecco in questo libro potrete trovare il percorso di due artisti molto diversi tra loro e che hanno vissuto e contribuito  alla storia degli anni 70/80 a New York: Patti Smith e Robert Mapplethorpe.

La storia gira attorno ai due artisti alla ricerca di loro stessi che rifiutavano inizialmente la creatività come procedimento tecnico lasciandosi trascinare dalla fantasia.

Figli del fermento culturale di una New York psichedelica dove l’arte si creava in “una fabbrica” e la musica si ascoltava sotto l’effetto di droghe, i due artisti rappresentano forse due diversi percorsi artistici.

Da un lato la pura e sognante Patti Smith. Dama dell’800 nell’intimo, che ha passato la vita a leggere, disegnare, scrivere poesie, con l’aspirazione di diventare Musa e Artista come Frida Khalo. Ha sempre saputo di voler diventare artista. Non sapeva con che mezzo artistico si sarebbe potuta distinguere, dal disegno alla scrittura, dalle poesie alle canzoni, ha portato avanti per anni di giochi di fantasia che le dessero la libertà di esprimersi in tutti i modi che le venivano in mente. Ogni sua azione veniva portata avanti senza troppa premeditazione, e anche quando c’era l’intento di un progetto, questo si perdeva nei suoi pensieri diventando secondario all’atto artistico in sè. Le canzoni con cui è diventata famosa sono solo il risultato di un percorso artistico estremamente vario e guidato dalla fantasia, dal desiderio e dall’improvvisazione.

Dall’altro lato invece c’era Robert Mapplethorpe. Proveniente da una famiglia cristiana e conservatrice che non è mai riuscita a capire e accettare la sua essenza, ha sempre lavorato sulla costante ricerca del miglior modo di esprimere ciò che vedeva. Dai suoi studi come grafico pubblicitario imposti dalla famiglia al fotografo che è diventato nel tempo, il percorso è stato lungo e toruoso. Inizialmente rifiutò di imparare il procedimento tecnico della fotografia perché era troppo costoso e non aveva tempo di aspettare, quando l’idea arrivava, doveva realizzarla immediatamente senza aspettare i tempi di sviluppo del mezzo fotografico. Lavorava esclusivamente tramite collage di disegni, oggetti e fotografie ritagliate o trovate in giro. Aveva il potere di vivificare gli oggetti grazie al suo impulso creativo e la tenacia di lavorare dino a che tutto non fosse diventato esattamente come lo vedeva nella sua testa.

Ed è proprio su questo che si trova la differenza su questi grandi artisti: Robert dovette fare i conti con la Creatività perché le fantasie che aveva in testa potessero diventare visibili agli occhi di tutti: quando finalmente ebbe modo di approcciarsi alla fotografia riuscì ad ottenere esattamente ciò che cercava. Partendo dal vocabolario visivo che si era costruito negli anni di ricerca, riuscì ad esprimersi al meglio.

Forse fu in quel periodo che arte e design iniziarano ad avvicinarsi, ma questa è un’altra storia, troppo complicata da affrontare dopo un testo così lungo sulla creatività.

Ci lavorerò e vi farò sapere.

p.s. Patti Smith è ancora viva e posta giornalmente su IG. Vi consiglio però di seguirla solo dopo aver letto il suo libro “Just kids”